Rassegna del 23 Ottobre 2003

«Così il parco agricolo del Sannio»

Un parco agricolo nel Sannio, quale strumento di sviluppo socio-economico-turistico e laboratorio di sostenibilità ambientale che connetta le zone rurali interposte tra le aree protette dei Parchi regionali campani. È questa l'interessante proposta lanciata nel corso del convegno internazionale su "Il paesaggio rurale come fattore di complessità ambientale e strumento di governance: analisi delle componenti di sviluppo", che si è svolto nei giorni scorsi, secondo una modalità di circuito, coinvolgendo i centri di Benevento, Guardia Sanframondi e Cerreto Sannita.
Quarantacinque i relatori che si sono soffermati sui diversi aspetti della gestione del territorio rurale e del paesaggio: dalla importanza economico e culturale dei prodotti agricoli locali (Cantarelli, Cannata, Panza, Ciarleglio, Amendolara), al connubio turismo e ambiente rurale (Lozato Giotard, Ferry) dall'importanza delle connessioni territoriali attraverso reti ecologiche (Blasi, Badino, Farina), alla tutela delle architetture del paesaggio rurale (Maniglio Calcagno, Calderazzi e Gangemi).
Tutti relatori hanno concordato sulla importanza della proposta della professoressa Aloj, presidente del comitato scientifico e organizzatore, di realizzare un parco agricolo nel Sannio. Gli aspetti pedagogici di tale comparto sono stati messi in evidenza dai professori Frauenfelder, Freitas, Serra Santa Eufemia e Adam. Proposte e soluzioni non solo scientifiche.
«L'obiettivo del convegno - ha dichiarato infatti la presidente Aloj - è stato quello di produrre un contributo scientifico multidisciplinare allineato con l'azione politica ed amministrativa che da diversi anni vede il Sannio al centro di interventi e scelte di nuovo sviluppo, ed ha voluto offrire proposte e soluzioni non solo scientifiche ma anche gestionali, politiche ed amministrative per intensificare ancora di più l'azione di rinnovamento del territorio che è anche il fine cui deve tendere il lavoro della comunità scientifica ed accademica».
Già in questi giorni esperti e docenti universitari si incontreranno per formalizzare alcune proposte. La verifica del percorso eventualmente intrapreso sarà il prossimo anno in occasione dell’appuntamento già fissato per la presentazione degli atti del convegno. (Il Mattino)

«Nel Parco nessuna caccia»

Gargano - Protesta Wwf

La sezione foggiana del Wwf prende posizione sull'ipotesi che il Parco del Gargano possa ospitare zone di caccia come hanno richiesto i dirigenti provinciali della Federcaccia alla Regione. «E' sconcertante - sottolinea l'associazione - la risposta fornita ai cacciatori da parte dell'assessore Michele Saccomanno che ha assicurato che chiederà al presidente Fusilli e al ministro dell'Ambiente di individuare apposite zone di caccia nel Parco. È evidente - stigmatizza il panda foggiano - che la risposta della Regione Puglia, per bocca dell'assessore Saccomanno, è un'ulteriore scelta filovenatoria in linea con tutte le precedenti altre e che s'inquadra in una situazione nazionale di deregulation, con amministrazioni diventate delle vere e proprie 'repubbliche autonome delle doppiettè. L'assenso a fare entrare i cacciatori nel Parco del Gargano da parte dell'assessore regionale all'Ambiente è, inoltre, perfettamente in sintonia con il nuovo testo di legge del ministro Alemanno e con le iniziative del ministero dell'Ambiente che 'trattà sulla caccia nei parchi». L'auspicio del Wwf è che Federparchi sappia rifiutare queste deroghe. (La Gazzetta del Mezzogiorno)

Strutture: aree giochi finanziate da Federazione dei parchi

In tre comuni del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano - Torre Orsaia, Roscigno e Sant'Arsenio - saranno realizzate aree giochi nell'ambito di un progetto finanziato dalla Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali. A Sant'Arsenio l'area e' stata gia' individuata in localita' San Rocco. Negli altri due comuni l'individuazione avverra' nei prossimi giorni. (Salerno notizie)

«Tuteliamo il Monte di Portofino. Va dichiarato patrimonio dell’umanità»

Santa Margherita. Il monte di Portofino e le sue problematiche saranno al centro del dibattito di oggi (dalle 15.45) alla Casa del Mare (calata del porto). «Si parlerà della salvaguardia del monte di Portofino alla luce del libro “Il Monte di Portofino, patrimonio dell’Uomo per l’Umanità”, promosso dall’associazione “Amici del Monte di Portofino”, fondata da Ardito Desio» spiega Marco Delpino, autore del libro. Il quale parteciperà alla tavola rotonda con Antonio Di Rosa, direttore del Secolo XIX, Renato Dirodi, presidente dell’Ente Parco, Luca Peccerillo, presidente della Comunità del Parco, l’assessore all’ambiente Claudio Marsano e Andrea Fustinoni, delegato regionale del Fai. «Batteremo molto sul riconoscimento del monte di Portofino come patrimonio dell’umanità. Il punto è che qualcuno deve decidersi a fare la richiesta all’Unesco e lo possono fare solo gli enti pubblici. Il rischio è che con l’allargamento dell’Unione Europea, altri paesi si diano da fare per avere tutelati i loro siti. Portofino rischia di essere il fanalino di coda». Delpino dice poi che «il vicino parco delle Cinque Terre ha già ottenuto il riconoscimento e, di conseguenza, anche contributi europei per farlo funzionare al meglio».

Guida Touring sulle aree protette Un capitolo dedicato ai due parchi

Portofino - LA NOVITÀ

"Turismo nelle aree protette": è la guida Touring uscita in questi giorni in libreria al prezzo di 20 euro. L'area marina di Portofino è descritta dettagliatamente, con dovizia di particolari anche sugli angoli più suggestivi dell'attiguo parco terrestre. Nella guida si illustrano pure i 18 punti di immersione, predisposti dall'Ente gestore del parco marino e due siti di alto interesse naturalistico, Isuela e Altare. «Il piccolo promontorio roccioso di Punta Chiappa, al confine tra le zone B e C dell'area marina, rappresenta un sito interessante. Per i sub, lo sperone roccioso è il riferimento principale per individuare la secca dell'Isuela: il regolamento prevede l'ormeggio di una barca per volta” (Il Secolo XIX)

L'antica piroga attende di conoscere il proprio destino

Adda Sud

Una antica piroga in attesa di conoscere il proprio destino, di sapere a che epoca risalga esattamente e se verrà mai restaurata. È la piroga rinvenuta in riva all'Adda a Lodi il 30 aprile scorso da una famiglia appassionata di natura e ricerche, e trasportata da qualche tempo presso il Centro Visite del Parco Adda Sud a Castiglione d'Adda. Qualche settimana fa sembrava che il restauro fosse ormai imminente, invece la situazione è ancora di stallo. A puntare forte sul recupero della piroga è il Parco Adda Sud, che si è attivato per trasportare nella propria struttura castiglionese la piroga che quest'estate era stata fatta sotterrare vicino al fiume. Nella Soprintendenza ai beni archeologici della Lombardia esistevano ed esistono tuttora pareri contrastanti sul valore di questa piroga: c'è chi la considera un semplice legno galleggiante senza valore e chi invece la valuta come un reperto importante da recuperare. Finora sono state fatte valutazioni piuttosto sommarie sul reperto, che potrebbe risalire al medioevo come a circa tremila anni fa, ma non in epoche intermedie. Un laboratorio scientifico di Como ha stabilito che si tratta di una piroga di castagno, lunga 8 metri e 90 centimetri, e il Parco Adda Sud si è fatto carico di salvaguardarla per evitare che facesse la fine di un'altra piroga rinvenuta in riva all'Adda sempre a Lodi nel 1998: in quell'occasione il legno fu interrato, e poi non se ne è più saputo nulla. Quella piroga fu trovata dalla stessa famiglia lodigiana e da Antonio Zucconi, un piacentino appassionato di archeologia di Pianello Valtidone, che ha visto anche la seconda piroga e ne auspica il restauro: «Si tratta di un tronco scavato, dunque un'imbarcazione vera e propria che merita di essere recuperata: tra l'altro si vede chiaramente che lo scafo fu oggetto di una riparazione con una tavola e chiodi di legno. Se si fosse trattato di un semplice legno galleggiante, come qualcuno ha definito questa piroga, non l'avrebbero certo riparato. Che poi sia di epoca medievale o più antica poco importa: è sempre un reperto storico che segnala l'attività umana sul fiume, anche perché non può essere casuale trovare due piroghe a poca distanza l'una dall'altra. Purtroppo i vari spostamenti cui è stata sottoposta, togliendola dall'ambiente naturale acquatico, rischiano di averla danneggiata irrimediabilmente».
La vicenda della piroga a questo punto dovrebbe arrivare ad una stretta finale: sono stati presi contatti con il Museo Egizio di Torino per organizzare un sopralluogo al Centro Visite del Parco Adda Sud finalizzato a definire una datazione precisa della piroga e a stabilire le modalità di restauro. «Entro un mese - dichiara il direttore del Parco Adda Sud Riccardo Groppali - avremo il quadro preciso, con una stima del costo dell'intervento di restauro». (Libertà)

il Parco delle Cinque terre si butta sul sale

Sarà senza addittivi, a rinforzo della gamma di prodotti biologici per valorizzare la gastronomia locale.

Dopo il vino e l'olio, i capperi e il pesto, le creme ed i profumi, ci sarà presto anche il sale con il marchio del Parco nazionale delle Cinque Terre.
Sempre più imprenditore, infatti, l'Ente Parco ha inserito fra le prossime iniziative la produzione di sale marino. Sarà un sale senza addittivi, a rinforzo della gamma di prodotti biologici e teso a valorizzare ulteriormente la gastronomia locale.
Se ne prevede un diffuso utilizzo nella salagione delle acciughe, che saranno pescate rigorosamente nel mare delle Cinque Terre, confezionate nel laboratorio in approntamento a Monterosso e contraddistinte a loro volta dal marchio del Parco.
Al riguardo, a dare certezza che le alici non provengano da mari diversi saranno degli ispettori del Parco, i quali prenderanno posto sulle barche dei pescatori.
Le saline d'imminente realizzazione sorgeranno nelle anse maggiormente riparate dalle mareggiate, che si prestino alla collocazione degli impianti fotovoltaici necessari a generare il calore per far evaporare l'acqua marina. Parco imprenditore, ma non in corsa per conseguire brevetti, poichè delle saline «fai da te» non può proclamarsi inventore.
Infatti, nei secoli scorsi e sino a qualche anno dopo la Liberazione, era prassi procurarsi il sale, nelle Cinque Terre ed a Tramonti, sfruttando il calore del sole ed intensificarlo con fuochi accesi presso le vasche scavate dal mare nelle scogliere.
Meglio ancora, si raccoglieva l'acqua dentro capienti teglie che venivano poi poste sul fuoco. Degni ancora d'ammirazione i cosiddetti «bozi da Pineda», a levante di Riomaggiore, dove i contadini di Biassa ricavavano il sale per il fabbisogno familiare e riuscivano pure a commercializzarne piccole quantità.
Altrettanto facevano i campigliesi fra il Persico e Navone, affidando a rudimentali teleferiche la legna da ardere. Durante l'ultima guerra, una donna coraggiosa andava oltre Appennino a scambiare quel sale con la farina.
(Green Planet)

Bufera sul Parco, Penasa sbatte la porta

Stelvio. Gesto polemico contro l'ipotesi di completare il percorso dei laghi Sternai, denunciato perché ritenuto abusivo
La presidente del Comitato di gestione minaccia le dimissioni

MALE'. Bufera all'interno del Comitato di gestione del Consorzio Parco nazionale dello Stelvio. La presidente Franca Penasa ha abbandonato l'aula minacciando le sue dimissioni in aperto contrasto con il dottor Donato Nardin, rappresentante in seno al Comitato del presidente del Consorzio, Arturo Osio. A causare lo scontro la proposta di Nardin di inserire, con priorità, nel programma di attività 2004 il completamento del percorso dei laghi Sternai. Un'iniziativa promossa quest'estate dal gestore del rifugio Dorigoni - denuncia Penasa - senza l'autorizzazione del Comitato.
La presidente, nonché sindaco di Rabbi, non aveva gradito il progetto di Lorenzo Iachelini, gestore del rifugio, tanto da presentare - come annunciato in una precedente seduta ai membri del Comitato - un esposto alla magistratura. In una lettera del 29 agosto scorso Franca Penasa aveva chiesto al Comitato di gestione "i necessari provvedimenti di tutela", stigmatizzando tra l'altro l'intervento di sistemazione del percorso compiuta dagli operai stagionali del Parco su incarico dell'ingegner Moreschini "in aperto contrasto con la mia posizione". Secondo la presidente doveva esserci il preventivo avallo del Comitato perché "l'area è in disponibilità al Parco in virtù di un regolare contratto di affitto" e l'intervento "andava oltre i progetti di ordinaria manutenzione che vengono approvati ad inizio anno dal Comitato" oltre a non essere previsto dal programma di attività 2003.
Alla lettera di Franca Penasa aveva risposto, il 29 settembre, il dottor Nardin, spiegando come il Comitato ritenesse "interesse del Parco pervenire ad una soluzione pacifica della vertenza, recuperando al Parco stesso la regia dell'iniziativa", ritenuta importante per l'educazione ambientale e la "fruizione compatibile" dell'ambiente. Nel merito della vicenda il rappresentante del Consorzio aveva sottolineato alcuni punti: che Iachelini non avesse minimamente alterato la natura dei luoghi, limitandosi a mettere a disposizione dei visitatori, in occasione del centenario dall'inaugurazione del Dorigoni, un sistema gps (cioè satellitare) che permettesse loro di individuare i punti più significativi del percorso, la cui descrizione era fornita in un'apposita guida, consegnata assieme al dispositivo. Erano stati gli operai del Parco ad intervenire fisicamente sul percorso, peraltro in maniera limitata, collocando una serie di segnavie in pietra ("ometti") e null'altro. Nardin chiariva: "Non sono riuscito a trovare nella normativa vigente nessuna motivazione giuridicamente sostenibile per perseguire" il gestore.
Dopo l'uscita dalla sala di Franca Penasa il Comitato ha comunque chiesto l'inserimento del progetto (ma senza priorità) nel programma.
«C'è bisogno di un chiarimento faccia a faccia tra me e l'interessato», si limita a dire Franca Penasa. «Non voglio dire nulla di più: c'è sotto una grossa questione».
Nardin spiega così la frattura di ieri: «Siccome la presidente non ha nessun'intenzione di parlare con Iachelini, io ho proposto la costituzione di una commissione del Comitato incaricata di incontrare l'autore del progetto e accordarsi con lui. Franca Penasa deve avere pensato che in questo modo io volessi scavalcare altre iniziative che aveva a cuore come sindaco di Rabbi, ha preso le carte e se ne è andata». Non condivide il comportamento della presidente Francesco Borzaga, membro del Comitato: «Ha mancato di diplomazia, non c'era motivo di esasperare la situazione. Questa è una questione che andrebbe accomodata in via amichevole». (Corriere delle Alpi)

Wwf al Parco: no alla caccia dei cinghiali

Foreste Casentinesi

L'Ente Parco Foreste Casentinesi ha autorizzato la caccia di selezione al cinghiale all'interno del territorio del Parco nazionale, col metodo della “girata”. Motivo di tale decisione sarebbe la sovrappopolazione della specie che si rifugia all'interno del Parco per sfuggire alle braccate esterne ai confini. Partiamo da qualche dato di fatto. La popolazione dei cinghiali è aumentata considerevolmente per le immissioni scriteriate fatte dal mondo venatorio negli anni '70-'80, con l'introduzione prima del cinghiale maremmano e poi del cinghiale balcanico, di taglia più grande, invasivo e prolifico. Quest' ultima specie ha inoltre portato con sé le famigerate zecche, con tutte le conseguenti di tipo sanitario per gli stessi esseri umani. L'incremento è stato funzionale solo agli interessi dei cacciatori, i quali hanno potuto sbizzarrirsi in una attività venatoria pressoché illimitata. E questo senza contare le immissioni abusive, che proseguono tuttora, ed un atteggiamento “da allevatori” di molti cacciatori nei confronti della specie, teso ad aumentarne la consistenza numerica. Quindi, da questi fatti, emerge che per i cacciatori non sembra poi tanto importante ridurre il numero dei cinghiali, quanto cacciarne il più possibile, violando l'area protetta. In questo quadro l'Ente Parco non ha trovato di meglio che assecondare le istanze del mondo venatorio e approvare la caccia di selezione, dopo avere in un primo tempo deciso il posizionamento di recinti mobili per la cattura degli esemplari in soprannumero (e non avere poi minimamente attuato tale programma di cattura). Tale programma è molto più efficiente, per la riduzione del numero di cinghiali, di qualsiasi tipo di caccia ed oltretutto obbedisce allo spirito e alla lettera delle leggi sulle aree protette. Ed è proprio per questo che i recinti non piacciono ai cacciatori, poiché sottraggono gli esemplari all'attività venatoria e fanno piazza pulita delle strumentali giustificazioni a qualsiasi tipo di caccia nel Parco. Di conseguenza la decisione dell'Ente Parco è anche politicamente scorretta, oltre che poco efficiente, perché, anziché denunciare l'atteggiamento irresponsabile dei cacciatori, ed opporvisi, lo asseconda e apre loro le porte del Parco, precostituendo un precedente pericoloso secondo il quale la sovrappopolazione non è un problema da prevenire, bensì un “accidente” da curare, per di più con le deteriori ricette prescritte dal mondo venatorio. (Il Resto del Carlino)

Emergenza cinghiali, Legambiente chiede l'intervento del ministero

Arcipelago Toscano

PORTOFERRAIO
— Fortemente preoccupata per le scelte che il Parco Nazionale sta facendo riguardo l'emergenza cinghiali all'Elba, Legambiente ha deciso di interessare della questione il direttore generale del servizio Conservazione natura del ministero dell'ambiente Aldo Cosentino chiedendo «un intervento urgente per verificare la coerenza dei metodi di gestione utilizzati nell'area protetta con le indicazioni della normativa vigente». Per il Cigno Verde «i cosiddetti abbattimenti selettivi si stanno ormai trasformando in una incontrollata attività di caccia all'interno dell'Area Protetta». Ed ancora «i cacciatori, che hanno introdotto il cinghiale all'Elba ed hanno causato l'enorme proliferazione della specie non possono essere chiamati a risolvere il problema perchè non hanno nessun interesse a vederli diminuire». A detta di Legambiente «l'esplosione demografica dei cinghiali, che sta fortemente danneggiando agricoltura, flora e fauna, non può continuare ad essere affrontata dentro il Parco con una gestione venatoria che si sta assumendo caratteri di ordinarietà ed esercitata con braccate che non hanno niente di selettivo e sono chiaramente insufficienti». (La Nazione)

Il Parco vola in Finlandia

Arcipelago Toscano

PORTOFERRAIO — E' da poco arrivata al Parco la comunicazione ufficiale che le Isole di Toscana sono state riconosciute «Riserva della biosfera» dal Consiglio di coordinamento internazionale del programma Mab dell'Unesco, che già l'Ente è tra i protagonisti di un meeting sulle «Riserve marine della Biosfera e delle coste europee» che si tiene in questo fine settimana in Finlandia. «I tipi di ecosistemi e i paesaggi più importanti del mondo — spiega il commissario Ruggero Barbetti — sono rappresentati nella rete mondiale delle Riserve della biosfera, che opera per la conservazione della diversità biologica, promuovendo ricerche e controlli e, allo stesso modo, cercando di provvedere a modelli di sviluppo sostenibile al servizio del genere umano. Far parte del progetto Mab significa anche facilitare la cooperazione e gli scambi a livello nazionale e internazionale; ed è proprio sulla base di ciò che il Parco è presente in Finlandia, a Nagu, al fine di valutare e promuovere le possibilità per la cooperazione tra le Riserve della biosfera marine e delle coste in Europa». A rappresentare il Parco è la biologa Francesca Giannini. «Lo scambio culturale a livello internazionale che il progetto Mab ci permette di realizzare — aggiunge il commissario Barbetti — è l'occasione migliore per valorizzare la biodiversità delle nostre isole». (La Nazione)

Il sindaco Cipriani accetta di diventare consigliere del Parco

Foreste Casentinesi

POPPI
– Il sindaco Carlo Cipriani ha sciolto la riserva sulla sua candidatura a futuro consigliere dell'Ente Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Si conclude così l'empasse conseguente alla nomina dell'esponente casentinese, attuale presidente della Comunità del Parco, avvenuta qualche settimana fa nel corso di un'assemblea non troppo “partecipata” e con assenze di parte aretina che avevano lasciato qualche perplessità sull'amministratore e che aveva poi “preteso” una sorta di verifica risoltasi così in maniera positiva. Spetterà ora al Ministero ratificare la nomina dei cinque candidati degli enti locali che insistono nell'area protetta: “Una nomina a tempo – sottolinea Cipriani – che scadrà al termine del mio mandato a sindaco nella primavera 2004. Sono pienamente soddisfatto della convergenza sul mio nome da parte dei rappresentanti degli enti aretini – ha dichiarato a caldo – con un piccolo rammarico, non aver potuto contare sull'appoggio in assemblea del Comune di Pratovecchio, assente lunedì”. All'interno del direttivo dell'Ente Parco, come si sa, sono cinque i rappresentanti dei vari enti locali di cui uno a “tutelare” i sette dell'area aretina: oltre a Carlo Cipriani (in rappresentanza dei Comuni di Stia, Pratovecchio, Poppi, Bibbiena, Chiusi della Verna, della Provincia di Arezzo e della Comunità Montana del Casentino) ci sarà la riconferma di Paolo Bassani (Mugello) e le nuove nomine di Luciano Neri (sindaco di S. Sofia) Pier Luigi Neri (sindaco di Tredozio) e di Lorenzo Spignoli, attuale presidente della Comunità Montana del Cesenate. (La Nazione)

Parco, via libera al bilancio dalla Regione

Alpi Apuane

MASSA
— Dopo un dibattito che si è prolungato per tre sedute consiliari, il consiglio regionale ha approvato il bilancio preventivo 2003 del Parco delle Apuane, col voto favorevole della maggioranza, contrario del centro-destra e l'astensione di Prc. Vi sono state forti contestazioni dalle fila del centro destra, in particolare da parte di Maurizio Dinelli (FI) che criticava la scelta dell'ente di non voler adottare il bilancio economico come il Consiglio regionale aveva richiesto. Il presidente della commissione Territorio e ambiente, Sirio Bussolotti (Ds), ha sottilineato che a partire dal consuntivo 2002 anche il parco delle Apuane ha adottato la contabilità economica. I consiglieri di opposizione sono rimasti sulle loro posizioni, e Dinelli ha anche chiesto la verifica del numero legale prima del voto. Nel bilancio, alle voci relative alle entrate, si legge che contributi e trasferimenti correnti ammonteranno a 1.824.171, 59 euro. Altri 2.228.242,84 verranno da alienazioni, trasferimenti di capitale e riscossioni crediti, mentre un milione di euro proverrà da anticipazioni di cassa e 95 mila euro da un mutuo. (La Nazione)

Parco del Ticino

MAGENTA - Una guerra contro la burocrazia, la politica che non decide e la scarsità di risorse economiche. E' quella che il Parco del Ticino sta combattendo da anni per la salvaguardia del fiume azzurro. C'è innanzitutto il depuratore di Sant'Antonino che, pur non funzionando ancora in modo perfetto, è oggetto di continua attenzione.
Di recente è stato messo a punto un progetto sperimentale di depurazione: consentirà di intervenire sulle acque inquinate del Marinone (un ramo secondario del Ticino) e i risultati potrebbero essere di grande rilevanza.
Eppure tutto ciò sarà vano. Già, perché nel fiume giungono imperturbabili anche le acque del torrente Arno. Queste ultime contengono gli scarichi di dodici aziende che, secondo il direttore del Parco Dario Furlanetto, «sono senza dubbio inquinati». Non è tutto. «Tali scarichi sono autorizzati dalla Provincia di Varese. E nonostante le pressioni la situazione non accenna a migliorare».
Ma come può un ente pubblico autorizzare a inquinare? Furlanetto non si sottrae alla domanda: «Il paradosso è questo: tutto ufficialmente è a norma ma i nostri dati mostrano un forte inquinamento». Esiste la certezza che a scaricare i reflui non sia qualche 'pirata' dell'ambiente? «Non è da escludere a priori. Però è ragionevole, per quanto ne sappiamo, pensare che non sia così».
A proposito di dati, conviene riflettere sullo stato di salute delle acque perché, analisi alla mano, «quelle dell'Arno sono spesso peggiori di quelle del depuratore». Spiega Furlanetto: «Gli scarichi delle dodici aziende dovrebbero, appunto perché godono dell'autorizzazione provinciale, arrivare puliti. Invece non solo sono inquinati ma sono persino peggiori di quelle del Sant'Antonino». Una soluzione ci sarebbe: adeguare gli impianti. Però occorrerebbe investire molto denaro e né Stato né Regione né Provincia sembrano intenzionati a farlo. C'è poi un fatto che ha dell'incredibile: riguarda i 56 consorzi di depurazione che dimorano in zona Ticino. Il direttore del Parco è lapidario: «A parte quello di Nosate, nessun impianto è a norma». Nel 1992 una direttiva dell'Unione Europea chiese al Governo di dichiarare il Parco del Ticino «area di eccellenza». Un titolo molto più che simbolico: viene riservato ai territori di grande pregio che, proprio per questo, devono essere sottoposti a tutela. Ma il monito comunitario restò sulla carta e Furlanetto, a distanza di undici anni, va all'attacco: «L'Italia rischia sanzioni economiche milionarie. Eppure non ottempera». Il motivo è presto detto: la messa a norma degli impianti costerebbe troppo. Così, mentre nei palazzi della politica si riflette, l'inquinamento galoppa e devasta il fiume azzurro. L'Europa, tuttavia, attende il nostro Paese al varco. Entro il 2005 dovranno essere visibili alcuni risultati, in assenza dei quali le sanzioni diventerebbero quasi automatiche. Nel frattempo, cosa fare? Il direttore guarda al futuro con realismo: «Noi continuiamo con la nostra opera di pressione. Per il depuratore Sant'Antonino siamo ottimisti, mentre per le dodici aziende che scaricano nell'Arno, beh... possiamo soltanto sperare che la Provincia di Varese faccia qualcosa». (Il Giorno)

Parco e Irealp insieme per valorizzare le Orobie

MORBEGNO — Parco delle Orobie e Irealp uniscono le forze per valorizzare l'area protetta e far conoscere il suo territorio e le produzioni che lo caratterizzano. Nei giorni scorsi il Parco e l'Istituto di ricerca per l'ecologia e l'economia applicate alle aree alpine hanno sottoscritto una convenzione quadro per arrivare a un'integrazione delle attività dei due enti, nel rispetto degli obiettivi e delle caratteristiche operative di ciascuno. Irealp metterà a disposizione le proprie conoscenze per la promozione di iniziative nazionali e internazionali mentre l'area protetta supporterà i diversi progetti attraverso la propria struttura operativa e le competenze specifiche dei suoi esperti.
In programma, lo sviluppo di un sistema informativo territoriale di tutta la zona del Parco, ma non solo.
L'accordo infatti si propone di avviare una serie di iniziative (convegni, eventi, campagne innovative con l'utilizzo delle moderne fonti di comunicazione) per far conoscere, in primo luogo al pubblico lombardo, le opportunità offerte dal territorio dell'area protetta e le sue produzioni tradizionali.
Due aspetti che potranno essere valorizzati da un lato attraverso una certificazione di qualità ambientale, dall'altro coordinando progetti di tracciabilità per i prodotti.
Grazie all'accordo quadro, inoltre, Parco e Irealp potranno disporre di un partner qualificato con il quale partecipare ai bandi regionali e nazionali e alle iniziative indette dall'Unione europea, per portare avanti progetti nei loro vari settori di azione. (Il Giorno)

Stelvio - Il Parco guarda avanti

BORMIO - Nell'agenda del consiglio direttivo del Parco dello Stelvio, che si riunisce domani a Glorenza in Alto Adige, la questione degli impianti di Santa Caterina Valfurva non è al primo posto e soprattutto non è la sola questione di particolare rilievo sul tavolo dell'organo di governo dell'area protetta.Sono almeno altri tre i temi, in una seduta che è facile prevedere lunga e dibattuta, che faranno da cornice alla «relazione del presidente sulle autorizzazioni riguardanti gli impianti di Santa Caterina». Prima di tutto il programma annuale delle attività del Parco che accompagna il documento di previsione economica e finanziaria per il 2004. Poi il tema del Piano del Parco che sta diventando una specie di tormentone e su cui a anche la polemica dei Mondiali 2005 s'è soffermata. Il direttivo, dopo aver preso in esame lo stato dei lavori per la predisposizione del Piano, deciderà una sua convocazione straordinaria per cercare di rispettare la scaletta dei tempi che si era data indicando per il 2004 le fasi conclusive dell'iter del Piano. Un documento sul quale, val la pena ricordarlo, c'è stato uno scontro aperto tra le istituzioni dell'Alta Valle affiancate da Provincia e Regione e il Parco, scontro che ha portato ad un ulteriore allungamento dei tempi e non ha ancora portato a quella consultazione popolare preliminare che invece era prevista ancora prima dell'estate. Infine c'è il risultato finale del processo di Agenda 21 del Parco dello Stelvio con la presentazione del Rapporto sullo stato dell'ambiente e del Piano d'Azione che il 4 novembre verrà proposto nel forum conclusivo dell'Agenda 21 del Parco. Sono 11 le idee di sviluppo sostenibile proposte per il Parco dello Stelvio e tra queste spiccano quelle che riguardano la certificazione ambientale delle strutture turistiche, le coltivazioni biologiche, i rifugi alpini ed il turismo sostenibile e i sentieri tematici in Valtellina. (Il Giorno)


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