Rassegna del 14 Ottobre 2003

«Bicitreno» per visitare i parchi dell'Umbria

PERUGIA — Per visitare i parchi dell'Umbria, da quello di Parco di Colfiorito, a quello del Fiume Tevere, del Monte Cucco, del Lago Trasimeno e del Monte Subasio è nata una nuova iniziativa; si chiama «bicitreno», è stata voluta dalla provincia di Perugia. L'iniziativa è nata in collaborazione con Trenitalia che offre l'opportunità di trasportare la bicicletta per raggiungere i territori delle aree protette. Il progetto, elaborato dall'assessorato alle politiche ambientali dell'ente, vuole creare un nuovo «mezzo» per visitare i parchi.
«Il progetto che presenteremo giovedì alla stazione di Fontivegge - ha detto l'assessore alle Politiche Ambientali Katia Mariani - rientra nel quadro delle nostre attività progettate e realizzate allo scopo di sostenere la fruibilità delle aree naturali protette attraverso proposte e progetti di sviluppo sostenibile. Sia il progetto Bicitreno che quello di una guida operativa saranno disponibili all'inizio dell'anno prossimo». La presentazione di Bicitreno prevede l'illustrazione del progetto da parte dell'assessore provinciale Katia Mariani; sarà presente il direttore del trasporto regionale di Trenitalia Bruno Severi. (La Nazione)

Comune espropriato del diritto di decidere

Conero - La Soprintendenza ha fatto un editto anche se nessuno l'ha delegata a governare la città"

Gli anconetani non lo sapevano, ma vivono in un monumento. Almeno quelli che abitano in quel trenta per cento di città che rientra nel perimetro del vincolo proposto dalla Soprintendenza. Il territorio che si propone di vincolare si estende dagli Archi al Passetto, dal Pincio alla Panoramica. Via San Marcellino, Via Mamiani, Via Isonzo sono state elevate al rango del Canal Grande di Venezia.
Non basta. Anche le aree esterne a questo perimetro, ovvero praticamente tutto il resto della città, sarebbero influenzate dal provvedimento. Infatti la Soprintendenza vuole anche garantire che la visione dell'area vincolata non sia deturpata. Si chiama "vincolo indiretto". Così, ad esempio, non si potranno costruire edifici alti più di nove metri nel raggio di trecento metri dal Lazzaretto, quindi in piena area portuale.
Scordiamoci quindi la riconversione dello Scalo Marotti prevista dal Prusst, mettiamo nel cassetto le idee del piano del porto.
Lo stesso vale per le altre zone. Quanto distano dall'area vincolata l'autostazione del Verrocchio, la piscina coperta di Passo Varano, le nuove case di Pietralacroce e Monte Marino? Sudori freddi e brutte sorprese sono in arrivo.
Tutto questo non succede a Gela o Catanzaro ma ad Ancona, una città governata da un piano regolatore puntiglioso che impone regole severissime per gli edifici di pregio, anche se non tutelati. Una città dove gli abusi edilizi sono perseguiti con tenacia, anche se in genere non vanno oltre la chiusura di una veranda. E dove i monumenti, quelli veri, sono già tutti vincolati da tempo.
La motivazione di un provvedimento di questa portata, che non ha precedenti, andrebbe ricercata nelle vituperate case di Sirolo, partendo dalle quali il Presidente della Regione ha scritto alla Soprintendenza sollecitandola ad intervenire. E così la frittata è fatta. Si può essere più o meno d'accordo sul fatto che Sirolo costruisca delle case ai piedi del Monte Conero. Ma quelle case rispettano il Piano Paesistico Regionale (redatto dalla Regione), il Piano del Parco del Conero (approvato dalla Regione) e naturalmente il Piano Regolatore di Sirolo (approvato dalla Provincia su delega della Regione). Certo, la Regione e la Provincia possono nel frattempo cambiare idea o accorgersi di essere state un po' distratte. Se questo è successo, sarebbe stato sufficiente riprendere le delibere di approvazione dei piani, annullarle e riproporle con prescrizioni. Invece si è preferito minacciare commissariamenti e sollecitare interventi di funzionari ministeriali..
L'avvio del procedimento non porterà necessariamente al vincolo. Ma è stato sufficiente a scatenare una bufera di ricorsi provocando costi gravosi a tutta la comunità. Nel frattempo gli uffici tecnici del Comune non sanno che pesci pigliare, molti cantieri sono bloccati e le aziende del settore vedono allontanarsi i ricavi e crescere gli interessi passivi.
La cosa peggiore però è che i cittadini non capiscono, e hanno ragione. Non capiscono come decisioni politiche frutto di anni di studi, analisi, consultazioni, delibere, pubblicazioni, osservazioni, controdeduzioni e pareri possano essere cancellate da un editto di una autorità che nessuno ha delegato a governare la città. E non accettano che un Comune che rispetta tutte le leggi e le normative possa essere espropriato del diritto di decidere cosa fare del suo territorio.
Il Comune crede nel dialogo e nella ragionevolezza. Così abbiamo consegnato ai Soprintendenti una carta della città dove sono evidenziati tutti gli edifici di pregio già catalogati nel nostro piano regolatore. Sono questi a meritare un vincolo, cancellando le approssimazioni e le incongruenze della proposta di vincolare mezza città. Ci siamo anche opposti al vincolo indiretto, con il quale si mette in discussione il futuro di Ancona e del porto. (Corriere Adriatico)

Supervincolo, un blocco da 1 miliardo Anche Verrocchio e waterfront in bilico

«L’atto voluto da Scoppola bloccherebbe gli interventi in mezza città Serve umiltà, ma va cambiato» - L’assessore D’Alessio: «Sotto accusa anche la visuale, è un dramma»

La riqualificazione del Mandracchio e il suo Prusst congelata. Il nuovo prg del porto sub judice. L’avveniristico terminal bus all’ex Fornace Verrocchio e la piscina olimpionica coperta di Passo Varano a rischio. In bilico anche le nuove case di Pietralacroce e Monte Marino. Effetto-domino del supervincolo che, tra effetti diretti ed indiretti, può mettere in discussione investimenti per quasi un miliardo di euro. L’allarme viene da Emilio D’Alessio, assessore alla qualità della vita, il quale chiede al soprintendente Scoppola, artefice del vincolo con cui si dichiara sito di interesse culturale l’area che va da Ancona a Porto Recanati passando per Sirolo, Numana e Camerano, «di rivedere, con umiltà, la scelta fatta». Il Comune ha già consegnato ai soprintendenti «una carta della città dove sono evidenziati tutti gli edifici di pregio già catalogati nel nostro piano regolatore. «Sono questi a meritare un vincolo, cancellando le approssimazioni e le incongruenze della proposta di vincolare mezza città».
Oltre agli effetti immediati del vincolo, che già interessano il 30% della città, il rischio imminente si chiama “vincolo indiretto”. Ossia nelle aree esterne al vincolo vero e proprio la Soprintendenza «vuole garantire che la visione dell’area vincolata non sia deturpata» rivela D’Alessio. Così il territorio che si propone di vincolare non riguarda solo l'area del Conero «ma si estende dagli Archi al Passetto, dal Pincio alla Panoramica. Via San Marcellino, Via Mamiani, Via Isonzo sono state elevate al rango del Canal Grande di Venezia o di Piazza del Campo a Siena. Così, ad esempio, non si potranno costruire edifici alti più di nove metri nel raggio di trecento metri dal Lazzaretto, quindi in piena area portuale. Nove metri, tanto per capirci, sono circa due piani e mezzo. Scordiamoci quindi la riconversione dello Scalo Marotti prevista dal Prusst, mettiamo nel cassetto le idee del piano del porto. Lo stesso vale per le altre zone, naturalmente. Quanto distano dall'area vincolata l'autostazione del Verrocchio, la piscina coperta di Passo Varano, le nuove case di Pietralacroce e Monte Marino? Sudori freddi e brutte sorprese sono in arrivo».
E’ per questo che il Comune si è opposto al vincolo indiretto «con il quale si mette in discussione il futuro di Ancona e del porto. Ora attendiamo risposte e confidiamo in un ravvedimento in tempi brevi».
Tutto questo sottolinea l’assessore alla qualità della vita «non succede a Gela o Catanzaro ma ad Ancona, una città governata da un piano regolatore puntiglioso che impone regole severissime per gli edifici di pregio, anche se non tutelati. Una città dove gli abusi edilizi sono perseguiti con tenacia, anche se in genere non vanno oltre la chiusura di una veranda. E dove i monumenti, quelli veri, sono già tutti vincolati da tempo».
La motivazione di un provvedimento di questa portata, «che non ha precedenti», andrebbe «ricercata nelle vituperate case di Sirolo, partendo dalle quali il presidente della Regione ha scritto alla Soprintendenza sollecitandola ad intervenire. E così la frittata è fatta. Si può essere più o meno d'accordo sul fatto che Sirolo costruisca delle case ai piedi del Monte Conero. Ma quelle case rispettano il Piano Paesistico Regionale (redatto dalla Regione), il Piano del Parco del Conero (approvato dalla Regione) e naturalmente il Piano Regolatore di Sirolo (approvato dalla Provincia su delega della Regione). Certo, la Regione e la Provincia possono nel frattempo cambiare idea o accorgersi di essere state un po' distratte. Se questo è successo, sarebbe stato sufficiente riprendere le delibere di approvazione dei piani, annullarle e riproporle con prescrizioni. Invece si è preferito minacciare commissariamenti e sollecitare interventi di funzionari ministeriali».
D’Alessio ricorda che «il bravo contadino quando vede un'erbaccia prende la zappa, non spruzza il diserbante su tutto l'orto». Ora «l'avvio del procedimento non porterà necessariamente al vincolo. Ma è stato sufficiente a scatenare una bufera di ricorsi che ingolferanno l'agenda del Tar Marche per i prossimi mesi, provocando costi gravosi a tutta la comunità. Nel frattempo gli uffici tecnici del Comune non sanno che pesci pigliare, molti cantieri sono bloccati e le aziende del settore vedono allontanarsi i ricavi e crescere gli interessi passivi. La cosa peggiore però è che i cittadini non capiscono, e hanno ragione. Non capiscono come decisioni politiche frutto di anni di studi, analisi, consultazioni, delibere, pubblicazioni, osservazioni, controdeduzioni e pareri possano essere cancellate da un editto di una autorità che nessuno ha delegato a governare la città. E non accettano che un Comune che rispetta tutte le leggi e le normative possa essere espropriato del diritto di decidere cosa fare del suo territorio». (Il Messaggero)

Castel di Sangro. Clostridiosi: nel Parco trovati morti due bovini

Abruzzo

Ancora due casi accertati di clostridiosi nel Parco nazionale d'Abruzzo in località Valle Pagana, ai confini tra Abruzzo e Molise. Nell’area sono state rinvenute le carcasse di due bovini (una vacca e un vitello) la cui morte è stata attribuita alla clostridiosi, una malattia infettiva tipica dei ruminanti domestici.
Per ridurre il rischio di infezione è intervenuto un elicottero della Forestale, che ha prelevato in alta quota le due carcasse trasportandole a valle. Il ripetersi di casi analoghi nella stessa area allarma il Parco, la Forestale e le Asl interessate. La clostridiosiche può diffondersi e colpire anche i selvatici con conseguenze pericolosissime sulla fauna protetta, primo fra tutti il camoscio, più indirettamente l'orso bruno. (Il Messaggero)

Cilento - Contro l’erosione del litorale 12 milioni di euro

Erosione, arrivano i fondi nel Cilento.

Il Governo ha stanziato la seconda tranche di fondi per gli interventi contro l’assottigliamento costiero nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano. La somma, pari a 12.911.000 euro, è stata impegnata nei giorni scorsi a favore dell'Autorità di Bacino Sinistra Sele per le opere di difesa da realizzare lungo il litorale. La prima parte dello stanziamento triennale 2002-2004, pari a 5,64 milioni di euro, è stata assegnata l'anno scorso a favore della progettazione che interesserà i comuni di Ascea, Casal Velino, Pioppi. Ne dà notizia una nota di Franco Brusco, parlamentare di Forza Italia, che sottolinea gli sforzi fatti per ottenere l'inserimento nella Finanziaria 2002 di 30 milioni di euro per ''interventi urgenti per la protezione delle coste ricadenti nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano''. “Spero - dichiara Brusco - che gli enti coinvolti nell'approvazione del progetto definitivo ed esecutivo (Provincia, comuni interessati, Autorità di Bacino, ecc.) facciano prontamente la loro parte nel dare risposte alle comunità amministrate che da anni attendono un concreto segnale”.
L'ex consigliere provinciale punta l'indice in particolare contro Palazzo Sant'Agostino, giudicato “in affanno e ritardo nel dare risposte concrete verso la soluzione di un problema che da anni sta martoriando gran parte della fascia costiera del Golfo di Policastro e del Cilento”. L'emergenza erosione interessa gran parte del territorio a sud di Salerno. Le situazioni più critiche ed urgenti, anche per l'incolumità delle persone, sono state individuate dall'Autorità di Bacino Sinistra Sele ad Agropoli, Ispani, Casal Velino, ma studi recenti hanno riscontrato l'esistenza del rischio mareggiate su tutto il litorale cilentano. La speranza è che gli interventi possano partite al più presto. (Il Denaro)

Abruzzo - I precari lanciano un sos a Storace

Un incontro al governatore del Lazio Storace e agli onorevoli eletti in Ciociaria, in Abruzzo e Molise è stato richiesto dai lavoratori precari del Parco Nazionale. Il 31 dicembre prossimo, infatti, per 71 di loro scade la proroga del contratto. La questione interessa ben 15 lavoratori impegnati nel versante laziale dell'area protetta (Valcomino), i quali sentono così a rischio il posto di lavoro. I precari hanno quindi costituito un comitato composto da 12 membri. L'obiettivo? Sensibilizzare i politici nel tentativo di ottenere la stabilizzazione. Una situazione che persiste ormai da diverso tempo e che coincide con la crisi finanziaria dell'Ente Parco. In ogni modo i precari si stanno attivando. A tutt'oggi hanno contattato diversi politici. Tanto che Riccio, onorevole eletto in Molise nelle fila di Alleanza Nazionale, sta predisponendo un emendamento da presentare alla Finanziaria in favore proprio di coloro che rischiano di perdere il posto. «Per risolvere la questione relativa ai precari ci stiamo muovendo attraverso i nostri rappresentanti politici alla Camera e al Senato - ha spiegato il rappresentante laziale del Parco e sindaco di Alvito, Giovanni Diego Ferrante -. L'obiettivo è quello di ottenere almeno la proroga di un anno dei contratti e poi di adoperarsi per favorire in tempi brevi la stabilizzazione dei precari attraverso il Progetto d'Impresa". Intanto la questione che coinvolge i lavoratori si ripercuote non poco sul territorio. Basti pensare che dei sei centri visita esistenti nel versante laziale del Parco ne sono aperti solo due, ad Alvito e a Campoli. (Il Messaggero)

Nel Parco 20 abbattimenti

I casi eclatanti di Baia Arena e Casal Velino

VALLO DELLA LUCANIA. Sono già 20 le demolizioni portate a compimento dall'ente Parco. La cancellazione dell'ascensore di località Fontanelle di Castellabate si inserisce dunque nella lunga stagione di ripristino della legalità avviata dall'ente per ripulire da brutture e illegalità il territorio dell'area protetta. Questo abbattimento, in particolare, era stato preannunciato a marzo dell'anno scorso a Baia Arena. Continua dunque il ''patto contro l'abusivismo'', il piano di lotta concertato dall'ente con altri soggetti e che fa degli abbattimenti il principale strumento contro gli abusi. I dati del primo Rapporto ambientale del Parco, licenziato nei mesi scorsi, parlano di 20 demolizioni eseguite dal 1996 ad oggi. La più emblematica sicuramente quella del 13 marzo dell'anno scorso a Baia Arena di Montecorice. L'ecomostro era stato costruito a 500 metri dalla spiaggia, su un bosco di pini d'Aleppo, dalla società napoletana Iasiello: un villaggio di 53 corpi di fabbrica, con una superficie complessiva di 2.494 metri cubi di calcestruzzo, 4.540 metri quadri di solai e 13 fondazioni e platee. Il progetto iniziale prevedeva una volumetria di 80mila metri cubi e 360 unità abitative su dieci ettari di pineta: a bloccare tutto fu nell'89 il sindaco appena insediato Giuseppe Tarallo che revocò la licenza del 1976. Il lungo iter giudiziario avviato dalla società si è concluso con una sentenza che ha stabilito la legalità dell'abbattimento. Altra significativa demolizione quella avvenuta il 20 marzo del 2000 a Casal Velino, in località Foce, alla presenza dell'allora ministro dell'Ambiente Edo Ronchi. Qui fu necessario l'intervento del genio dell'Esercito di Caserta: furono abbattute otto abitazioni costruite abusivamente, nel 1983, dalla Cooperativa Stabia di Castellamare di Stabia sulla spiaggia, in una zona vincolata anche per la vicinanza del parco archeologico di Velia. Nei mesi scorsi, con due sentenze di merito, il Tribunale amministrativo regionale di Salerno ha rigettato il ricorso della Coop confermando il potere del Parco di sospendere le attività che compromettono il paesaggio e l'ambiente, e di non tenere conto delle sanatorie, per il valore di interesse pubblico dei beni ambientali. (La Città)

Qualità parco, il marchio a venti aziende

Adamello Brenta - E' un successo l'iniziativa dell'ente, si attende un costante aumento delle richieste nel nuovo bando che scade a novembre
Dieci strutture ricettive e di ospitalità lo otterranno a fine ottobre

TIONE. Sono già venti le strutture ricettivo turistiche che stanno conseguendo in questi giorni il prestigioso marchio «Qualità Parco» oppure che hanno presentato domanda per averlo al più presto. Più precisamente, dieci sono gli alberghi o hotel a cui il marchio verrà conferito ufficialmente alla fine di ottobre. Ma altrettante sono le strutture che lo hanno richiesto nella seconda apertura del bando che scadrà il 30 novembre prossimo. Risultato di grande rilievo.
Le aziende che fra qualche giorno potranno fregiarsi del marchio sono: l'hotel Crozzon, il Bio hotel Heremitage, l'hotel Alpina e il Dolomiti hotel Cozzio di Madonna di Campiglio; l'hotel Centro Pineta di Pinzolo, l'hotel Bellavista di Giustino; il Piccolo Hotel di Andalo, gli hotel Belvedere di Molveno; l'albergo Carlone e l'albergo Serena di Breguzzo. E' questa la notizia saliente data dal direttore Claudio Ferrari e dal segretario del progetto, Luca Nave, durante l'incontro con gli operatori di settore, tenutosi nell'ambito delle iniziative legate all'Expo Hotel di Tione.
In meno di tre mesi (il primo bando si era chiuso il 31 luglio), sta giungendo ai primi lusinghieri risultati, il progetto di marketing territoriale, avviato dall'Ente naturale con la propria certificazione. Certificazione avvenuta nel corso del 2001, con l'attestazione di conformità ambientale rilasciato dalla Det Norske Veritas, secondo le norme Iso 14001. Da quel primo atto, sta discendendo questo ulteriore passo avanti sulla via della"qualità" e del miglioramento continuo. Il progetto di marketing territoriale, per ora applicata alle strutture ricettive turistiche, in seguito sarà esteso al settore dell'agroalimentare e in futuro prossimo al settore delle produzioni artigianali.
Con vantaggi tangibili e reciprochi. Il Parco, infatti intende privilegiare e supportare le aziende che hanno ottenuto il riconoscimento, attraverso specifiche attività di comunicazione: con la presenza sul sito web del Parco; con l'inserimento sul portale Parks.it; con la fornitura di supporti per la comunicazione in albergo; la citazione sulla depliantistica e durante conferenze e fiere; ed infine con una serie di agevolazioni economiche che vanno dagli sconti sull'acquisto di materiale, agli sconti per i clienti che visiteranno le strutture del Parco.
I criteri per l'assegnazione del marchio riguardano gli aspetti ambientali, gestionali e di comunicazione nei confronti del cliente. Verranno valutati dall'ente certificatore, indipendente dagli organismi dell'Ente, attraverso una o più verifiche presso la struttura ricettivo turistica, in accordo con il titolare dell'azienda. Più in dettaglio gli aspetti ambientali, di carattere tecnico legislativo, riguardano: gli scarichi, i rifiuti, le emissioni in atmosfera, le risorse idriche, la gestione dei prodotti pericolosi.
Gli aspetti gestionali invece, la mission e gli obiettivi strategici dell'azienda, la gestione delle risorse umane, le modalità di acquisto e la valorizzazione dei prodotti legati al territorio. I requisiti riguardanti gli aspetti comunicativi, infine, sono quelli finalizzati allo sviluppo della cultura ambientale. (Corriere delle Alpi)

«Controlli sui rilasci idrici»

Dolomiti Bellunesi -Li chiede il presidente del Parco all'Autorità di Bacino

BELLUNO. L'acqua è di tutti? Dei Consorzi irrigui, di sicuro, visto che si prendono il 70 per cento di quella bellunese. E' anche dell'Enel e delle industrie, che succhiano il 22 per cento. Resta un 8 per cento da bere. Quanto pagano i Consorzi irrigui per tutto questo ben di Dio?
Pagano poco o nulla, ha spiegato Valter Bonan, presidente del Parco, durante il convegno organizzato da Legambiente sull'acqua. I Consorzi irrigui pagano 50 milioni di vecchie lire per le concessioni che consentono loro di prendersi 2 miliardi di metri cubi di acqua. Una inezia.
Ma quell'acqua, che sembra una enormità, secondo il presidente del Consorzio Brenta Dellai, non basta. Lui vuole che venga realizzato il lago artificiale del Vanoi: «Se l'Autorità di bacino tiene basso il Corlo da novembre a dicembre per il rischio delle piene, e poi non piove, a primavera saremo senz'acqua».
Acqua di tutti, acqua per tutti. E' questo il tema attorno al quale Legambiente ha chiamato i rappresentanti degli enti locali e nazionali. Mancava la Regione, c'era Antonio Rusconi, segretario dell'Autorità di bacino che fa la programmazione sui fiumi del Triveneto; c'erano anche Maurizio Busatta, Piero Balzan, Sergio Reolon, Valter Bonan. Dalla tavola rotonda a cui hanno partecipato sono emersi i temi che ben si conoscono e lo scontro sempre aperto tra la montagna e la pianura.
Acqua sprecata. L'accusa si ripete costante ed è rivolta ai Consorzi irrigui che hanno vecchi sistemi di irrigazione, condutture rotte che perdono gran parte dell'acqua che arriva dalla montagna. Dellai ha spiegato che il suo Consorzio, che ha 12 miliardi di vecchie lire di bilancio e 103.000 utenti (zone come Bassano e Cittadella) sta facendo investimenti per cambiare il sistema di irrigazione, con risparmi che vanno dal 70 all'80 per cento.
Facile capire quanto si sperpera dove questi sistemi non sono stati aggiornati (quasi ovunque).
«Occorre garantire la tutela del bene acqua, invece ora si garantiscono prima gli utilizzi produttivi, poi il resto» ha ribadito Bonan che ha chiesto all'Autorità di bacino la revisione del calcolo per il deflusso minimo nei torrenti; la definizione di una serie di stazioni di controllo per verificare i rilasci («ora non lo fa nessuno, servono modalità precise»); una pianificazione partecipata per conoscere i veri costi dell'acqua («le conseguenze idrogeologiche non si conoscono»).
A Dellai che chiede più dighe e laghi, ha risposto Sergio Reolon, chiamato ad intervenire come Legambiente Belluno: «Negli Stati Uniti si sono smantellate 114 dighe, e altre 57 lo saranno entro l'anno». A Piero Balzan che aveva definito quella sul deflusso minimo una battaglia difensiva, Reolon ha replicato: «Il deflusso minimo vitale non è una esigenza difensiva o superata. E' una modalità per garantire acqua al fiume. Ma il deflusso minimo non basta, anche perchè non viene applicato». Il 90 per cento dell'acqua del Piave e dei suoi affluenti finisce in energia elettrica e in irrigazione della pianura: non solo viene pagata poco ma il ripristino e la sicurezza ambientale non vengono pagati per nulla, ha aggiunto Reolon.
Acqua da bere e da depurare. Non poteva mancare il passaggio sull'Ato, il nuovo soggetto che gestire acquedotti e fognature di tutta la provincia, anche perchè una delle relazioni introduttive di Legambiente ha centrato il problema delle tariffe che per sostenere i costi di ammortamento degli impianti andrebbero, è stato detto, quadruplicate. Busatta ha ribadito la posizione del Comune di Belluno, contrario al piano d'ambito: legge Galli carente e legge regionale di applicazione sbagliata, ha detto Busatta, che ha sottolineato come non si possa lasciare il tutto in mano ad assemblee che non sono elettive (anche se formate da sindaci). Nella legge regionale, inoltre, ha spiegato Busatta, il Veneto si è dimenticato di tutelare la montagna, cosa che invece hanno fatto sia il Piemonte che la Lombardia.
Passaggio conclusivo sul bilancio idrico. Su quale portata di acqua fanno i conti Enel e Consorzi quando si spartiscono il 90 per cento della produzione delle montagne bellunesi? In quel conto ci sono anche i 150 milioni di metri cubi che doveva dare il bacino del Vajont. Rusconi ha confermato, la spartizione si fa anche con quei 150 milioni che in realtà non ci sono. (Corriere delle Alpi)

Base Usa, appello di Forza Italia: «Berlusconi dica no all’ampliamento»

la maddalena

Dev’essere Silvio Berlusconi a fermare l’ampliamento della base americana nell’isola di Santo Stefano. L’appello arriva da Giulio Giudice, consigliere provinciale di Forza Italia, maddalenino. C’è anche la sua voce tra le tante che si sono levate da tempo, in modo sempre più deciso, contro la decisione del ministro della Difesa Antonio Martino di dire sì alla richiesta della Marina statunitense.
Giudice, che è anche presidente della commissione Ambiente, era già intervenuto sulla questione, prima ancora che il progetto di ampliamento fosse presentato al vaglio della commissione regionale paritetica per le servitù militari e dell’amministrazione comunale della Maddalena. In particolare aveva anticipato con dovizia di particolari ciò che poi si è verificato e, nonostante l’appartenenza a un partito di governo, aveva denunciato pubblicamente la gravità della situazione. Di recente ha ribadito le sue accuse e ha lanciato un appello agli amministratori locali e regionali e al presidente del Consiglio Berlusconi, perché le richieste degli americani subiscano un drastico ridimensionamento e altrettanto avvenga per i mezzi bellici a propulsione e con armamento nucleare. Si terrebbe così anche conto del parere contrario all’ampliamento, che nel frattempo è stato espresso dalla commissione paritetica.
Secondo il progetto, dai 25 mila metri cubi esistenti si passerebbe a 52 mila. Giudice argomenta che l’ampliamento della base, compresa una banchina di alto fondale da 180 metri, favorirebbe l’afflusso di altri militari e di altri mezzi bellici nell’arcipelago di La Maddalena, considerato parco nazionale con una legge del 1994, e già in predicato perché venga inserito nel futuro parco internazionale delle Bocche di Bonifacio. Una situazione palesemente contraddittoria, di cui non esiste altro esempio al mondo.
Ieri il consigliere provinciale maddalenino ha presentato una mozione urgente ai presidenti della Giunta e del Consiglio, con la quale ha chiesto che l’assemblea approvi un documento per sostenere il ricorso del presidente della Regione al Consiglio dei ministri per bloccare il progetto degli americani. Al presidente della Provincia, in particolare, Giudice chiede che intervenga nei confronti del presidente del Consiglio dei ministri, perché sia reso pubblico il contenuto dell’accordo bilaterale sottoscritto dai governi italiano e americano oltre trent’anni fa, sotto il governo presieduto da Giulio Andreotti, mai passato al vaglio del Parlamento. (L’Unione Sarda)

Capitaneria: tremila miglia per il Parco

Cinque Terre

Si chiede con un bilancio positivo l'estate per il comando della Capitaneria di Porto-Guardia Costiera nella zona delle Cinque Terre.
Quello svolto dagli uomini della struttura spezzina in quel tratto di costa è un impegno particolare. Infatti si tratta di vigilare sul parco marino delle Cinque Terre, cioè la riserva naturale inserita nel Parco Nazionale delle 5Terre. Proprio per garantire un servizio efficace i mezzi della Capitaneria spezzina sono stati presenti costantemente, 6-8 ore al giorno per vigilare su quel tratto di costa. Un impegno specifico che per il solo parco delle Cinque Terre, nel periodo tra giugno ed agosto, ha richiesto 421 ore di moto dei mezzi navali in dotazione al comando spezzino che hanno percorso complessivamente 3373 miglia.
In quell'area, oltre alla vigilanza ed al soccorso in mare, attività più rilevante nell'estate, c'è da tenere conto del servizio di vigilanza pesca, delle attività antinquinamento e poi a tutto ci sono da aggiungere i controlli effettuati a terra nelle aree demaniali. (La Nazione)

Comune e Parco ai ferri corti

Montemarcello Magra

AMEGLIA
— Un attacco strumentale quello sferrato al Parco di Montemarcello-Magra dall'assessore ai lavori pubblici di Ameglia Alberto Paita? E' quanto lascia intuire il presidente dell'ente Walter Baruzzo nel suo contrattacco. Paita chiedeva spiegazioni sui ritardi nella realizzazione della pista ciclopedonale di Fiumaretta. Una richiesta che, a quanto pare, lascia sorpreso il presidente Baruzzo perché, spiega, «i ritardi nei lavori di Fiumaretta sono dovuti alla priorità, voluta proprio dall'amministrazione comunale di Ameglia e dallo stesso assessore, di utilizzare le risorse disponibili per il completamento dei lavori in località Torretta a Bocca di Magra». Ma Baruzzo tranquillizza sul completamento della pista ciclopedonale a Fiumaretta: «L'Ente Parco ha già chiesto alla Regione Liguria l'utilizzo della quota parte dei ribassi non utilizzabili a norma di legge nello stesso appalto». Ma il Parco coglie l'occasione per ricordare al comune di Ameglia i suoi ritardi nella realizzazione dell'area di sosta e parcheggio in località Gruzza che valorizzerebbe l'Orto Botanico. «Per i lavori — sottolinea Walter Baruzzo — i fondi sono disponibili già da anni». Il Parco infatti proprio per l'Orto Botanico ha programmato interventi di miglioramento (già finanziati dalla Regione per 28 mila euro) e l'obiettivo è ora quello di rendere la struttura accessibile a tutti, anche ai disabili, proprio con adeguati sistemi di collegamento proprio con l'area di sosta della Gruzza che il Comune di Ameglia ancora non ha realizzato. (La Nazione)

Marchio per l'ambiente

Arcipelago Toscano

PORTOFERRAIO
— Le sette stelle marine che rappresentano le Isole di Toscana, sparse nel blu del mare Tirreno, prenderanno posto nella carta intestata, nei siti internet e nelle etichette di alcune ditte che creano e vendono oggetti, cibi e servizi nel rispetto dell'ambiente, in un'ottica di promozione del territorio e dell'incentivo ad una vita improntata a valori eco-sostenibili. Il Parco nazionale dell'arcipelago toscano ha infatti deciso di concedere in uso il proprio marchio per la promozione di alcune attività del settore agricolo, commerciale e turistico che hanno sede all'Elba e a Capraia le quali, a loro volta, si sono impegnate a rispettare una serie di precise regole. Per poter fruire dell'ambito simbolo, i beneficiari devono osservare la normativa nazionale in materia di rispetto ambientale e di espletamento delle attività imprenditoriali, nonché dei regolamenti del Parco. Per fare qualche esempio, le ditte concessionarie devono impegnarsi ad utilizzare carta ecologica e a limitare l'impatto ambientale legato alla produzione e alla commercializzazione dei prodotti e dei servizi. Il simbolo del Parco è stato recentemente concesso alla ditta «FiorellaB» di Marina di Campo che produce e commercializza tessuti in fibra naturale dipinti a mano destinati ai complementi d'arredo e all'abbigliamento, all'«Associazione biologica agricoltori elbani» ed al «Viottolo» di Marina di Campo per l'attività di guida ambientale escursionista in percorsi trekking, di kayak o mountain bike nel territorio del Parco. «Uno degli obiettivi che caratterizzano la salvaguardia della nostra Area Protetta — spiega il commissario del Parco Barbetti — è la promozione dello sviluppo economico ecocompatibile. La concessione del marchio del Parco è, dunque, finalizzata alla valorizzazione dell'identità del nostro mare e del nostro territorio». (La Nazione)

Nel parco della Maremma parte la Scuola di educazione ambientale

GROSSETO — Riuscire a diffondere uno stile comunicativo diretto e una sensibilità ai temi dell'ambiente è l'obiettivo della «Scuola di comunicazione ambientale Antonio Cederna», presentata ieri all'Enaoli. Una realtà che nasce dalla collaborazione tra Legambiente e la rivista Nuova Ecologia e che ha sede a Rispescia nella cornice ideale del Parco della Maremma.
«Non è un caso — dice Angelo Gentili membro del direttivo nazionale di Festambiente — la presenza dell'Amministrazione comunale e del Parco in quanto, proprio la Maremma è stata presa come modello, un punto di riferimento, un laboratorio dove i docenti svolgeranno permanentemente le proprie lezioni».
«La scuola — dice Roberto della Seta, portavoce della segreteria nazionale di Legambiente — scaturisce dalla necessità di approfondire i modi e le tecniche della comunicazione ambientale». « E' inutile — conclude Della Seta — creare un Parco se questo non riesce a trasmettere qual è il proprio valore aggiunto. Anche le nuove figure istituzionali che stanno nascendo, come l'assessorato all'ambiente, devono saper gestire il settore della comunicazione per raggiungere più efficacemente l'obiettivo». I corsisti (nella foto insieme agli organizzatori) seguiranno due settimane di lezioni che si sviluppano sulla base di moduli di cinque giorni. Sono aperti a laureati, studenti e operatori del mondo della comunicazione che intendono approfondire le loro conoscenze nella materia ambientale. E' possibile partecipare anche a un solo modulo e sono disponibili quaranta borse di studio. La scuola ha ricevuto i patrocini dell'Arpat, della Commissione europea e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
«Saranno due settimane di intenso lavoro — dice Enrico Fontana direttore della Nuova Ecologia — caratterizzate da incontri con i professionisti del settore e testimonianze dirette che i corsisti potranno ascoltare da chi traduce i principi in attività lavorativa». (La Nazione)


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